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GIIOVANI DONNE:NE' LAVORATRICI NE' MADRI

GIIOVANI DONNE:NE' LAVORATRICI NE' MADRI

Esaminare le statistiche che riguardano le adolescenti e le giovani donne nel nostro paese è molto utile, perché permette di rilevare tendenze e andamenti generali che non possono essere colti nella vita di tutti i giorni, nelle singole storie individuali. Queste statistiche ci dicono che ormai da alcuni anni la maggioranza dei diplomati dalla scuola superiore e dei laureati dall’università è costituita da donne, anche se con grandi differenze a seconda del tipo di scuola e di facoltà. Inoltre le ragazze hanno un successo scolastico maggiore: abbandonano di meno la scuola, hanno un percorso più lineare, incorrono meno in bocciature, restano maggiormente nei tempi previsti e raggiungono votazioni più elevate. Questo successo scolastico è riconducibile a ragioni diverse: forte motivazione a riuscire, per la consapevolezza che il successo scolastico è una condizione indispensabile per l’emancipazione femminile; buona capacità di organizzare lo studio, unita a sistematicità e tenacia nell’impegno scolastico; minore impulsività e quindi maggiore capacità di programmazione e valutazione critica delle situazioni. Questo successo scolastico è però accompagnato da molte ombre: le ragazze, infatti mostrano minore fiducia in sé e minore sicurezza rispetto ai compagni maschi, nonostante i buoni risultati. E’ un paradosso: le ragazze sembrano non credere a ciò che stanno realizzando e non si fidano nemmeno di se stesse.

Se dal periodo di formazione scolastica passiamo all’inserimento nel mondo del lavoro, il quadro si fa preoccupante. Le statistiche ci dicono che sia in età giovanile che in seguito, a parità di titolo di studio e di zona geografica, la disoccupazione femminile è sempre maggiore di quella maschile. Insomma: le ragazze e le giovani donne sono più brave a scuola, finiscono prima e con meno bocciature le superiori e l’università, hanno voti più alti, si laureano e si diplomano con punteggi più elevati, ma nonostante ciò trovano meno lavoro. Per di più, quando trovano lavoro sono pagate di meno.

Questo minore inserimento nel lavoro non avviene perché esse sono impegnate nella maternità e nella famiglia. Al contrario, il tasso di natalità in Italia è tra i più bassi d’Europa. L'8,3% dei nati nel 2015 ha una madre di almeno 40 anni, il 10,3% una sotto i 25 anni di età. La posticipazione della maternità è molto accentuata per le madri italiane: il 9,3% ha più di 40 anni, quota che supera quella delle madri under 25 (8,2%).

, perché l’assenza dal lavoro non si accompagna alla realizzazione come madri. Sempre le statistiche ufficiali ci dicono che l’età media in cui si ha il primo figlio, se pure molto differenziata a seconda della regione (l’esperienza della maternità è significativamente anticipata nel sud e nelle isole), si è innalzata negli ultimi anni e si colloca tra i 28.6 e i 32 anni. Ancora: il 38% delle donne che hanno partorito negli ultimi cinque anni aveva tra i 30 e i 34 anni, il 21% aveva più di 35 anni, mentre il 30% aveva tra i 25 e i 29 anni e solo l’11% aveva meno di 24 anni. Ciò significa che un numero non indifferente di donne, per lo più con istruzione elevata, ha il primo figlio quando, secondo l’impietosa definizione sanitaria, è ormai una “primipara attempata”. I tempi biologici, insomma, coincidono sempre meno con quelli sociali. Inoltre, come è noto, il numero dei figli è molto ridotto: l’Italia ha ormai il più basso tasso di natalità in Europa (1.27 figli per donna), non in grado di compensare le perdite naturali della popolazione.

Il quadro è quindi quanto mai negativo, ed evidenzia un grande disagio nelle giovani generazioni femminili. Ragazze che si sono molto impegnate nello studio, e che si sono preparate con determinazione al futuro, non riescono a raggiungere la propria realizzazione personale, appena escono dalla scuola, né come lavoratrici né come madri. La violenza contro le donne non è solo quello che viene agita in famiglie e nelle relazioni intime, ma è anche questa, silenziosa e pervasiva, che impedisce alle giovani donne di realizzare se stesse e di contribuire al benessere della società, sia come lavoratrici che come madri. Non si vedono ancora decisivi segnali di cambiamento, con politiche che sappiano valorizzare con lungimiranza il contributo che le giovani donne possono dare alla società.

Per saperne di più: S. Bonino, Amori molesti. Natura e cultura nella violenza di coppia, Laterza, Roma Bari 2015.

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