Riportiamo la scheda dello psicoanalista Mauro Fornaro, comparsa in: Psicoterapia e Scienze Umane, 2016, L, 2: 327-328.
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L’agile testo della psicologa dello sviluppo di Torino, già autrice di fortunati volumi,
affronta con ampio respiro sociale e con taglio biologico la questione delle prevaricazioni maschili sul “gentil sesso”. Si preoccupa infatti di inserire lo sfaccettato rapporto maschio-femmina nella storia filogenetica della specie umana, tenendo come leitmotiv la presenza in ciascuno, femmina e maschio, del cervello rettile, secondo la nota teoria del cervello trino di MacLean (Evoluzione del cervello e comportamento umano: studi sul cervello trino [1973]. Torino: Einaudi, 1984). Ebbene, i rettili manifestano una sessualità caratterizzata da aggressività e dominanza nel maschio e da sottomissione nella femmina, fuori da ogni dinamica affettiva. L’emergere di questo atavismo nell’essere umano sarebbe la radice filogenetica delle forme di sessualità aggressiva, anonima e anaffettiva, più importante nel determinare gli squilibri relazionali tra donne e uomini che non i condizionamenti dati da stereotipi culturali e religiosi circa la virilità maschile e l’inferiorità femminile (i quali anzi fungerebbero in ultima analisi da copertura ideologica di quelle tendenze ancestrali). L’acquisizione mammifera della cura della prole, incrementatasi notevolmente nell’essere umano, cui partecipa anche il maschio, avrebbe favorito l’attitudine all’affetto e alla continuità della relazione; la medesima attitudine dal rapporto con la prole si sarebbe poi riverberata sullo stesso rapporto tra i partner, inducendo la coniugazione di sesso e affetto. Pertanto i maschi che esercitano violenza sessuale rinuncerebbero, secondo l’Autrice, ai portati evoluzionistici del cervello mammifero e a quelli della neo-corteccia, esclusiva di Homo sapiens, regredendo a comportamenti espressivi di forme anteriori di sviluppo; il che troverebbe complementarità nella tacita tendenza alla sottomissione di tante donne, dettata in definitiva da una non meno ancestrale paura “rettile”. Alla luce di questo schema esplicativo, l’Autrice analizza le tipiche forme di sessualità violenta o impersonale dei nostri giorni: dalla sessualizzazione a fini commerciali del corpo femminile, alla pornografia, alla prostituzione, agli stupri etnici, agli abusi e violenze entro le mura domestiche. In epoca di imperante sociologismo e culturalismo, che negano rilevanza al fattore biologico – per lo più per il timore femminista che esso possa giustificare una “naturale” subordinazione della donna – colpisce che sia una donna a prendere di petto la questione delle matrici ereditarie dei comportamenti umani. Il senso dell’operazione è chiaramente espresso: occorre prendere realisticamente atto della nostra meno nobile storia antica, ma per rilevare di contro come proprio l’evoluzione filogenetica abbia col tempo portato alla necessità adattiva di introdurre la dimensione affettiva fino all’esercizio dell’empatia. E se la stessa cultura è il risultato della nostra evoluzione, «è sempre la biologia, insieme alla cultura, che permette la costruzione dei legami d’amore» (quarta di copertina). Il ragionamento dell’Autrice è sottile: lungi dal cadere in determinismi di marca biologica, la natura non costringe l’essere umano ad alcun comportamento, bensì addita comportamenti ottimali nel senso che sono coerenti con la nostra linea di crescita filo- e ontogenetica: sta alla cultura e a ciascuno di noi decidere se favorirli. [Mauro Fornaro]
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